I rifugi di Montegridolfo

Rifugi a Montegridolfo - 1944
Pianta dei rifugi scavati dai civili nel 1944 per ripararsi durante il passaggio del fronte.
L’immagine è stata ottenuta dalla carta militare italiana del 1894 ristampata dai tedeschi nel 1944.
I triangoli sui contrassegni indicano il numero delle gallerie di ogni rifugio (da 1 a 3). Nel più ampio (il nr 6) si rifugiarono fino a 90 persone nei giorni cruciali della battaglia di Montegridolfo. 

I rifugi, piccoli o grandi, furono ricavati tenendo presente due accorgimenti fondamentali per la sicurezza: furono scelti luoghi bassi che avessero una collina alle spalle e, in particolare, con l’ingresso rivolto a nord. Così sarebbe stata migliore la protezione dalle bombe, che si presumeva sarebbero arrivate dalla parte degli Alleati, cioè da sud. Inoltre, un lenzuolo bianco esposto all’esterno indicava che vi erano soltanto civili.

Nel 1944, con l’avvicinarsi dell’estate, apparve sempre più chiaro il pericolo che la zona di Montegridolfo sarebbe diventata campo di battaglia. La gente era ansiosa di sapere come le cose andavano “laggiù”; le voci correvano da uno all’altro "hanno superato Cassino", " i vëin sö... i va pièn perchè j’usa i canón, lór i diĵ ch’vèl piö la vita d’un suldèd ch’a ne cént canón"
(traduzione: "vengono su... vanno piano perché usano i cannoni, loro dicono che la vita di un soldato vale più di cento cannoni").
Si era creata l’immagine di un fronte che andava da un mare all’altro e che stava comunque avanzando. Maturò quindi in anticipo la decisione di sfollare o, quantomeno, di costruire rifugi; d’altra parte le opere di difesa che la Todt costruiva lungo la parte sinistra del Foglia facevano pensare a una forte resistenza tedesca, che si sarebbe protratta chissà fino a quando.

Sfollare o costruire rifugi?
Molte famiglie della parte bassa di Montegridolfo (Ca’ Baldo, Pozze, Trebbio) scelsero di trasferirsi nelle Marche, lasciando tuttavia un uomo a guardia delle case (al Farneto o a Petriano nel cosiddetto fosso dell’Uccello); alcuni trovarono ospitalità in casolari, altri costruirono baracche. Alcune famiglie del Trebbio e del Botteghino, e molte di San Pietro e del Castello si prepararono al peggio costruendo rifugi nel terreno tufaceo della Cannarecchia e dei Fondoni. Ci furono anche famiglie meno fortunate che scelsero di sfollare là dove la battaglia fu più lunga, come a San Pér, nei pressi di Auditore, o addirittura a Gemmano dove gli scontri furono più cruenti. Dai ricordi dei testimoni, di chi abbandonò la propria casa e di chi rimase per trasferirsi nei rifugi, traspare una generale rassegnazione, come se si trattasse di eventi necessari che li avvicinavano alla fine della guerra.